martedì 20 novembre 2018

La Storia del Limone Errante e della Compagnia della Crostata


Un giorno, un limone che viveva su un albero di Castel Giuliano- un piccolo borgo vicino al lago di Bracciano- stanco della vita pacifica e tranquilla del piccolo paese- che si animava solo per la festa delle Rose, che si svolgeva nel bel giardino /roseto di Palazzo Patrizi- decise di rotolar giù dall'albero e iniziare ad esplorare il mondo. Poco prima di uscire dal paese incontrò due uova scappate da un pollaio vicino, anche loro intenzionate a scoprire che cosa c'era oltre le colline.
Decisero di avventurarsi insieme e iniziarono a rotolare verso nord-ovest. Attraversarono un bosco e un ruscello, fino ad arrivare ad una suggestiva conca circondata, in parte, da un inusuale bosco di Betulle; era la Caldara di Manziana, una palude di acqua solfurea che sgorgava da un gayser ricordo dell'antico Vulcano Sabatino.
Il luogo era incantevole, ma la Compagnia era curiosa di sapere cosa c'era più in là e continuò lungo la strada che li portò a un grande bosco, dove placide vacche coi tori pascolavano tranquilli. Qualcuno gli disse che era la Macchia grande di Manziana. 
Spinti dalla voglia di cercare altri compagni di viaggio attraversarono il bosco e si diressero verso un monte, un monte sacro seppero poi, dedicato anticamente al culto della Bona Dea e ora sede di un Sacro Deserto, un eremo per mistici e contemplativi.
Il trio affrontò la salita- per loro non era facile, visto che rotolavano- e salirono sulle pendici di Monte Sassano dove si godeva una bella vista; il lago di Bracciano, i Monti della Tolfa, ma anche il mare; e a nord, Monte Fogliano.
Notarono della case più in basso e scesero: erano arrivati a Canale Monterano. 
Attratti dall'odore del pane appena cotto, si avviarono verso il forno, ma un  mucchietto di farina integrale li fermò prima: "Dove andate? Io devo allontanarmi da qui! Non posso diventar pane, ho altre ambizioni. Se non vi dispiace, verrò con voi". "Si" rispose il limone, ormai leader della Compagnia, "Vieni con noi, vedrai che combineremo qualcosa di buono". La farina li informò che poco lontano si ergeva ancora l'antica Monterano. Decisero di andare a vedere. Trovarono dei suggestivi ruderi avvolti da una rigogliosa Natura. Una magnifica chiesa, diroccata, svettava tra le rovine. Un luogo incantato, avrebbero potuto rimanere li, per sempre, ma lo scopo del viaggio era un'altro -sapevano che dovevano cercare ancora- così attraversarono il sottostante fiume Mignone e si avviarono verso i monti vicini; una traversata tra boschi e valli fino ad arrivare al minuto borgo di Civitella Cesi; un piccolo castello, tre vie e odor di tartufi nell'aria. 
Una volta l'anno, i tartufi venivano trasformati in salsa per delle ottime fettuccine e tanta gente accorreva dai paesi vicini a mangiarle. La Compagnia era vicina a quel che cercava, ma dovettero spostarsi ancora. La farina non potendo rotolare, sbuffava, ora, lungo una vecchia ferrovia dismessa, diventata strada per viandanti, ciclisti e cavallieri. Dalla stazione di Civitella Cesi si fermarono alla seguente: Blera.
Tutta la zona attraversata era terra etrusca e anche il grazioso paese conservava le tracce di questo antico popolo. Non fecero in tempo ad entrare nel borgo che in lontananza videro una tazzina di olio extravergine d'oliva che si avvicinava a grandi passi, e, quando fu vicina, perentoria, gli domandò: "Cercavate me? Eccomi, sono pronta!".
Il limone, che era il più sveglio di tutti- e proprio per questo era il leader- comprese e gli rispose: "Certo! Ecco, proprio un po' di olio ci serviva...ma credo che manchino ancora tre componenti e qualcuno che ci aiuti ad affratellarci per sempre ...tu sai dove trovarli?". La tazzina ci pensò su e poi rispose: "Sì, credo di sì, ma dobbiamo tornare verso sud-est. Seguitemi, faremo un' altra strada che conosco bene".
Così scesero in una forra dove scorreva un ruscello- il fosso del Biedano.
Il sentiero- che correva lungo il corso d'acqua- era ombreggiato da felci e alberi e sfiorava antiche mole che creavano cascatelle e laghetti. Un luogo magico, sarebbe stato bello fermarsi per un bagno, ma la compagnia era ormai determinata ad arrivare alla meta.
Quindi passarono oltre, fino ad arrivare sotto un paese arroccato su un costone di tufo. Salirono, fino a passare  attraverso una antica porta e si trovarono nel cuore di Barbarano Romano.
Attraversarono il delizioso borgo medievale fino a uscire da un'altra porta, e si diressero velocemente verso il vicino Parco Marturanum. Sinuose strade e sentieri percorrevano l'antico pascolo, ora Parco; cavalli e vacche maremmane pascolano paciose senza curarsi del passaggio della Compagnia. Valicarono Monte Regolano e scesero verso Vejano, un paese caratterizzato da un piccolo castello e i ruderi di un borgo -bombardato nell'ultima guerra - usati come scenografia per il presepe vivente. Scesero ancora, verso il fiume Mignone, che passava proprio lì sotto.
La tazzina non aveva dubbi, bisognava seguire il fiume nella direzione della  corrente e arrivare a una cascata.
E così fecero. La cascata era formata dal muro che incanalava l'acqua verso una mola e creava uno splendido laghetto: era la Mola di Oriolo.   
Di fronte alla Mola, zampillava da una polla dell'acqua solfurea che riempiva della vasche create coi sassi.
Il limone domandò ad alcune persone  che stavano facendo il bagno nelle vasche quando distava il paese. 
"Solo cinque chilometri " gli risposero. "Seguite la strada, è l'unica, non potete sbagliare". La tazzina sapeva che Oriolo nascondeva il necessario per realizzare  il loro sogno. Si incamminarono solermente sulla strada che risaliva tra boschetti, prati e case di campagna. Arrivarono infine sulla bella piazza di Oriolo, dominata dalla facciata di un palazzo tardo rinascimentale e adornata da una caratteristica fontana centrale,  con quattro mascheroni orientati sui punti cardinali. Un paese creato da un nobile illuminato, come una città ideale e felice.
E felici erano i nostri amici, sapevano che il viaggio era arrivato alla fine, ma per trovare quel che cercavano dovettero dirigersi verso la splendida Faggeta di Monte Raschio, poco lontano dal paese.
Lì, alle pendici del monte, in una casina di legno, viveva una piccola donna che possedeva i tre componenti mancanti; un pizzico di sale, la marmellata fatta con le ciliege dei suoi alberi, e il dolce e misterioso straniero del gruppo.
Il limone, le due uova, il mucchietto di farina e la tazzina d'olio, bussarono alla porta speranzosi. La piccola donna aprì l'uscio e il limone gli domandò se era da lei che vivevano i tre che cercavano, e se poteva affratellarli con loro.
Gli rispose: "Sì, entrate. Siete i benvenuti". Gli presentò il sale, la marmellata e per ultimo lo zucchero di canna, un bel tenebroso dell'ecuador che parlava solo spagnolo. 
Mise tutti sul tavolo della cucina- meno la marmellata, che rimase in disparte- e li amalgamò. Poi pose la piccola palla che aveva creato nel frigo, per un ora.
Accese il forno, tirò fuori la palla e la schiacciò in uno stampo. Poi mise sopra la marmellata,  la decorò con strisce di pasta accantonata allo scopo e infine la infilò nel forno caldo.
Dopo mezz'ora i componenti della Compagnia erano affratellati per sempre.
Il loro sogno era stato esaudito, si erano trasformati in una bella e buona crostata. E finalmente la loro felicità fu trasmessa a quei fortunati che ebbero la fortuna di assaggiarla.



*Questa storiella naïf e un po' sgangherata, la scrissi un paio di anni fa, in occasione di un seminario d'interpretazione ambientale INEA a Civitella Alfedena, suggestivo borgo nel cuore del Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio Molise.
Gli amici di INEA, Gianni e Luana, iInterpreti Ambientali e Guide appassionate, in occasione dei seminari invitano i partecipanti a una cena condivisa; ognuno porta qualcosa di buono e possibilmente tipico delle sue parti e durante la cena  "racconta" la pietanza.
Così mi è venuta l'idea di partire da un mio tipico manicaretto- fatto con ingredienti a chilometri zero, ecuadoriano a parte- per raccontare non solo il dolce, ma anche il nostro territorio; la fantasiosa compagnia percorre sentieri che tante volte ho esplorato, la rete delle vie da percorrere a piedi che attraversa le nostre colline e permette di andare da paese a paese godendo delle nostre bellezze naturali.
A prescindere dal risultato, mi sono divertita a scriverla, come del resto gioisco ad offrire la crostata- soprattutto alle persone a cui voglio bene- . Metaforicamente parlando la dolcezza è uno degli ingredienti fondamentali per stabilire rapporti interpersonali sereni e costruttivi, un ingrediente semplice, che contrasta asprezza e intrattabilità, ma purtroppo non sempre viene recepito...




mercoledì 14 novembre 2018

Un blog inaspettato

 La premessa: una bella domenica soleggiata di novembre, infelicemente non sfruttata per andare in escursione- mi "accontento" di un piccolo giro nella faggeta dietro casa, sola e pensosa- una di quelle giornate riflessive, insomma, da dedicare alle proprie "favorite things"; e proprio mentre mi sto occupando delle cose che piacciono a me che mi ritrovo inaspettatamente a scrivere il primo post su questo blog,  creato con pochi passaggi dallo smartphone, un po' per curiosità un po' per sfida . Talmente imprevisto che in realtà copio e incollo il discorso che scrissi lo scorso dicembre in occasione del convegno sulle Faggete Unesco, evento creato per festeggiare la nostra foresta vetusta diventata patrimonio mondiale dell'umanità, festa che si concluse con la tradizionale fiaccolata che ogni anno scende da Monte Raschio.
Il discorso lo feci sollecitata dai miei compagni di avventura, in rapresentanza dei volontari che si erano prodigati alla buona riuscita dell'evento.
Non avezza a queste cose e con una buona dose di timidezza- che mi ritrovo da sempre e che cerco di nascondere- ho cercato di dare il massimo, ed è uscito una sorta di manifesto programmatico...
niente di meglio- mi sono detta- per aprire un diario elettronico che si occupa di Natura, di Cammini, di Bellezza. Quello che mi interessa condividere qui è la passione per il camminare; promuovere un "movimento lento", necessario per il nostro equilibrio e Benessere; incoraggiare i camminatori di buona volontà ad immergersi  nella Bellezza che ci circonda e gioire con Essa.
Questo però non sarebbe possibile senza il rispetto e la cura che dobbiamo alla Terra-la nostra Madre- : dobbiamo educare ed educarci ad essere più virtuosi, e tutti possiamo impegnarci a fare ciò anche con piccoli gesti e iniziative.
 Non è il gesto eclatante che fa la differenza ma i tanti piccoli sommati fatti da ognuno- nell'impossibilità di fare scelte estreme, essere consapevoli di quanto sia impattante per il pianeta il nostro stile di vita è già un passo importante- piccoli gesti che possono portare a invertire la rotta in senso globale.
E così anche rimettere al centro nelle nostre vite il cammino può essere visto come un atto rivoluzionario, un passo avanti per riconnettersi alla Terra e far riemergere la nostra Innata natura.
E poi non dimentichiamo che percorrere a passo lento sentieri naturali e antiche Vie ci rende liberi...

domenica 11 novembre 2018

Il nostro patrimonio naturale: la faggeta di Monte Raschio.


"Non siamo conservazionisti dell'ambiente, non siamo ambientalisti, siamo Mapuche, non conserviamo la Natura. Noi viviamo con la Natura,
siamo parte di essa, quindi possiamo usare il bosco, ma non abusare del bosco. Possiamo usare la Terra, ma non abusarne, perché altrimenti minacceremo noi stessi che facciamo parte di essa." Ecco,se c'è una cosa che possiamo fare per la nostra Faggeta è di avere una Visione
come gli indios Mapuche. Oriolo creato come borgo ideale e felice da Giorgio Santacroce, colonizzato in gran parte da boscaioli, non ha mai sofferto una dicotomia netta tra la foresta e la polis, ma anzi, Oriolo non esisterebbe senza i boschi.
Per secoli le foreste intorno al paese hanno nutrito gli abitanti; un complesso ecosistema che secondo chi si occupa di bioeconomia, va ora protetto dandogli un valore più ampio. Il nostro capitale naturale non fornisce solo legna o funghi, ma contrasta l'erosione del suolo; migliora la qualità dell'acqua, depurandola; diffonde gli impollinatori; regola il clima; fissa il carbonio atmosferico. Inoltre ispira servizi ricreativi culturali: Visite guidate naturalistiche; perfomance
artistiche-dalla pittura alla fotografia al teatro al cinema- attività di Educazione/Interpretazione ambientale, per stimolare amore per la Terra con
azioni e sentimenti propositivi. Senza dimenticare il benessere psico fisico che trasmette il camminare tra gli alberi e il valore spirituale e
contemplativo: stare in un tempio naturale fa riemergere la nostra Innata Natura.
Non una selva oscura, quindi, ma un luminoso giardino di tronchi (per dirla all'inglese ), che va usato con rispetto. Un capitale naturale importante quello boschivo, che si estende a tutte le nostre bellezze naturali: dalle praterie a pascolo- ricche di biodiversità- ai rii e fiumi come il Mignone, che si unisce alle bellezze architettoniche/artistiche e che può fare anche da volano alla micro economia e alle realtà produttive della zona, attirando un turismo "slow"; lento, sostenibile e consapevole. Non orde
distratte e poco rispettose, ma visitatori che ricerchino un'esperienza che li trasformi. Per tutto questo, proteggere non solo è un dovere, ma
conviene. Nello stesso tempo dovremo vigilare che questa serie di benefici siano gestiti con buonsenso e ricadano nella tutela del territorio
istaurando un circolo virtuoso. Fare rete tra i Comuni, le associazioni, i tecnici, i professionisti del settore ambientale, i cittadini che vivono e
lavorano sul territorio, è necessario per preservare il nostro patrimonio naturale. Come ci raccomandano i tecnici, teniamo sempre mente le 4 E:
Ecologia; Economia; Educazione; Etica.
È fondamentale ritrovare un'etica e abbandonare la visione antropocentrica. Adottiamo una retta
Visione, questa consentirà una retta Azione; Noi siamo il Pianeta e il suo futuro è nelle nostre mani,usiamole responsabilmente. Auspichiamo
che questo riconoscimento a Patrimonio Mondiale dell'Umanità ci spinga a trasformarci tutti in custodi delle nostre amate Faggete,
e per naturale estenzione, custodi del Mondo intero.
Chiudo con le parole di Hermann Hesse: "Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi li sa ascoltare, conosce la Verità. Essi non
predicano dottrine e precetti, predicano, incuranti del singolo, la Legge primigenia della Vita."

*I Mapuce o Mapuche (termine composto dalle parole mapudungun Che, "Popolo", e Mapu, "della Terra") sono un popolo amerindo originario
del Cile centrale e meridionale e del sud dell'Argentina (Regno di Araucanía e Patagonia). In spagnolo sono talvolta indicati come araucanos
(Araucani).

Passi Avanti in Camminata Nordica: sabato 12 Aprile Corso base Nordic Walking modulo 1

CORSO BASE NORDIC WALKING                   Modulo 1       SABATO 12 APRILE  Presso il Rifugio Passi Avanti e sui sentieri della magnifica F...